Inside/Out by Aires Mateus

La relazione fra interno ed esterno è sempre più esplorata nell’architettura contemporanea. Un delicato gioco di equilibri e rimandi - a volte impliciti, altre dichiarati - che nelle opere di Manuel e Francisco Aires Mateus trova espressioni poliedriche. Di grande potenza evocativa

di Roberto Negri

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L’architettura nasce come risposta a un bisogno di rifugio e protezione, come schermo di separazione che nel tempo diventa anche spazio di interazione fra interno ed esterno. Due dimensioni distinte che  trovano in questo confine virtuale un punto di incontro e dialogo, in una relazione che in epoca moderna si è fatta sempre più stretta e sotto alcuni aspetti intercambiabile.

Relazione in cui lo spazio outdoor non è più un momento incidentale da includere in qualche modo nel gesto architettonico ma parte integrante del suo linguaggio. Che può assumere di volta in volta forme e direzioni diverse, più introflesse in alcuni casi, più estroverse in altri, con l’esterno che mutua forme, materiali e funzioni degli interni e viceversa. Governare questa cifra espressiva richiede grande consapevolezza e padronanza dello spazio, dei suoi volumi e soprattutto di quei vuoti che sono l’elemento naturale della dimensione outdoor. 

Non sorprende quindi vederla protagonista di molte opere dei fratelli Manuel e Francisco Aires Mateus, anime creative dell’omonimo studio d’architettura portoghese che trova nell’armoniosa composizione di questa tensione la migliore espressione della sua poetica progettuale. Una poetica in cui la relazione indoor-outdoor assume espressioni multiformi che fanno di volta in volta leva sul genius loci, la potenza evocativa dello spazio esterno e le sue suggestioni, elementi che l’architettura include preservandone l’identità o di cui diventa parte indistinguibile. 

Così avviene nelle Cabanas no Rio, una coppia di capanne di pescatori sulle rive del fiume Sado trasformate in alloggi vacanze integrati con discrezione in un landscape naturale che è il vero protagonista del progetto. Una scelta resa esplicita da una rigorosa coerenza materica con le tradizioni costruttive locali e dal ricercato minimalismo degli spazi interni, la cui proiezione all’esterno è sottolineata e incoraggiata dalla presenza di un molo che, partendo dalla soglia d’ingresso, si estende fino alla riva del fiume quasi a immergersi nel panorama.

Il dialogo diventa manifesta integrazione in Casa na Terra, un piccolo edificio letteralmente incastonato nel terreno a Monsaraz, nell’Alentejo, in cui la fusion fra naturale e artificiale, territorio e costruito diventa un unicum senza soluzione di continuità. Qui i vincoli di costruzione che caratterizzano l’area ispirano un’architettura ipogea in cui i volumi puri tipici delle opere di Aires Mateus scompaiono quasi interamente, lasciando a vista solo un grande patio affacciato sul lago Alqueva.

Questa gerarchia quasi si capovolge in Casas na Areia, un piccolo residence turistico che recupera quattro volumi, due in legno e due in pietra, rendendo protagoniste le spiagge sabbiose della riserva naturale di Comporta. Gli spazi living delle residenze sono privi di pavimentazione e poggiano direttamente sulla sabbia, creando una potente continuità materica con l’esterno che cambia la percezione e la stessa scala degli interni trasformando l’esperienza dell’abitare in una sorta di estensione dell’ambiente naturale.

Più sottile ma non meno espressivo il linguaggio progettuale di Casa no Tempo, un’antica casa colonica immersa in una tenuta nella parte più incontaminata dell’Alentejo reinterpretata da Aires Mateus seguendo un approccio che trascende la dimensione dell’edificio per estendersi al territorio. Se da un lato il recupero dell’abitazione evidenzia il legame con la tradizione locale attingendo a elementi dell’architettura vernacolare, dall’altro la sua proiezione nel territorio è sottolineata da due nuovi elementi: una grande piscina le cui forme evocano quelle di una spiaggia e un giardino, elaborazione contemporanea dell’hortus conclusus medioevale che si cela e al contempo si apre al territorio.

Una poetica ripresa da uno dei più riusciti progetti dello studio, il Pa.te.os, un complesso turistico composto da quattro ville in cemento grezzo dove la predilezione di Aires Mateus per la purezza di forme e volumi recupera l’archetipo dell’abitazione e lo integra nel paesaggio grazie a un magistrale utilizzo di vuoti e pieni. 

Oltre alle ampie aperture nell’involucro ogni abitazione è collegata a un patio privato, una zona esterna che riprende il concetto di ‘spazio sereno’ recuperando un topos della cultura araba. Protetto ma non isolato, il patio ripara le case dalle forti escursioni termiche ed è pensato per essere vissuto in libertà, ospitando anche funzioni in genere riservate alla dimensione privata degli interni.