Nomade Design

Da dieci anni Selina Bertola guida studio Nomade, una realtà fresca e tutta al femminile. Ambiziosa e creativa, oggi realizza interni domestici, uffici e negozi per importanti brand internazionali. Su tutti Michael Kors

di Francesca Tagliabue

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La capacità di assecondare i clienti, interpretandone i bisogni senza far prevalere il “gesto creativo” è una delle prerogative di Nomade Architettura, astro nascente della progettazione italiana, pronto a spiccare il volo con nuove sedi all’estero. Il segreto del successo? Pazienza, dedizione e la forza di superare le mode del momento con trovate originali, come quella di caratterizzare un’insalateria milanese con l’effige di una Madonnina contemporanea o disegnare una palestra acquatica in perfetto stile californiano.

Come è iniziata l’avventura di Nomade Architettura?

Mi sono laureata nel 2005 in architettura al Politecnico di Milano, poi sono andata a Londra al Chelsea College of Arts and Design per conseguire un master in interior and spatial design. Mi sono innamorata follemente della città, così mi sono fermata a lavorare due anni in uno studio specializzato in interni. È stato un periodo formativo, che mi ha dato la possibilità di viaggiare per l’Europa seguendo cantieri diversi, da Parigi a Francoforte… se penso che all’epoca avevo solo 26 anni. Nel 2009 sono tornata in Italia, ben consapevole di dover conoscere le dinamiche di questo mercato prima di poter aprire il mio studio. Ho quindi pensato fosse opportuno fare altre esperienze e ho lavorato per diverse realtà fino al 2010, quando un’opportunità inaspettata mi ha convinto a spiccare il volo. La mia prima commessa è stata quella per Villa Susanna, una casa ai Caraibi, davvero complessa da gestire perché dall’altra parte del mondo. Così è nato Nomade Architettura. Inizialmente ero sola, poi ho iniziato ad avvalermi di collaboratrici, e oggi siamo in 16, me compresa.

Come mai il nome Nomade e perché un team tutto al femminile?

Non ho deciso a tavolino di fare una squadra rosa, semplicemente durante le fasi di colloquio e selezione ho sempre trovato donne con una grinta e una voglia di fare che non trovavo negli uomini. Inoltre, per il tipo di lavoro che facciamo, che presuppone una forte attenzione al dettaglio, ho sempre sentito maggiore affinità con le ragazze. Il nome Nomade deriva dalla mia grande passione per i viaggi, ma anche da una riflessione più strutturata. Ho voluto fortemente aprire il mio studio in Italia, ma ho subito puntato a lavorare oltre i confini nazionali, senza pormi limiti. La parola Nomade, poi, può essere letta in tante lingue, con pronuncia francese, ma anche all’inglese spezzandola in No-Made. Curiosamente, gli anglofoni aggiungono un ulteriore significato al lemma, attribuendogli un’accezione che potremmo tradurre come “qualcosa che non è ancora stato fatto”, ad alto tasso di innovazione. Trovo sia una descrizione che calza a pennello su di noi.

Qual è la visione progettuale dello studio?

Quello che i clienti apprezzano, quello di cui io e il mio team siamo particolarmente orgogliose, è che gli interni di Nomade non hanno nulla di codificato, non c’è niente che riproduciamo in ogni lavoro. Non imponiamo mai il nostro gusto. Sono convinta che la committenza vada presa per mano, ascoltata, assecondata e guidata. Il lavoro dell’architetto va oltre il disegno, ha molto a che fare con il saper leggere tra le righe, riuscendo a interpretare desideri che spesso non vengono espressi in maniera chiara e ordinata. Questo avviene soprattutto in ambito residenziale. Un discorso a parte va fatto per il retail dove, soprattutto quando si collabora con brand internazionali, il concept viene imposto dalla casa madre e lo studio deve solo adattarlo allo spazio.

Come è nata la collaborazione con Michael Kors?

Avevo alcuni contatti personali in Michael Kors, la collaborazione è iniziata attorno al 2014, quando Nomade era ancora embrionale. Abbiamo iniziato occupandoci degli aspetti di “bassa manovalanza”, ma la nostra passione e voglia di fare è stata notata ai piani alti, al punto che ora il nostro studio è responsabile dell’interior di tutti gli store Michael Kors in Europa. Abbiamo iniziato firmando il flagship di Londra, dove abbiamo avuto una discreta libertà di azione. E quando il portfolio era “credibile” abbiamo iniziato a proporci ad altri grandi brand fashion. L’importante è essere molto umili, presentarsi come professionisti ma senza credere di essere i possessori universali del buon gusto. Inoltre, credo che l’atmosfera rilassata che si respira all’interno di Nomade venga percepita e, a pelle, piaccia. Siamo una squadra in cui ovviamente c’è una gerarchia, ma ogni collaboratrice è sempre libera di proporre le sue idee in totale tranquillità. La politica del terrore non ci appartiene.

Un progetto in cui vi siete potute esprimere liberamente?

Sicuramente Waterbeat Society, la prima palestra interamente dedicata all’acqua-bike in Italia. Abbiamo fatto grande ricerca, e dato un mood decisamente californiano agli spazi che li ha caratterizzati e resi riconoscibili.

Il food è il tema del momento. Che cosa funziona nell’ambito della ristorazione e che cosa deve avere un locale per avere successo?

Se avessi la bacchetta magica o una risposta universale tutti si rivolgerebbero a Nomade. Scherzi a parte, bisogna guardare cosa succede nel mondo e analizzare i trend. Ad esempio, per qualche anno è andato di moda “l’effetto Brooklyn”, con spazi finto-vissuti e hypster. Ora avviene la stessa cosa con il tropicale e i fenicotteri. Questo ha come conseguenza, un allineamento generale dei progetti, ed è quello che in Nomade vogliamo evitare. Un ristorante o un bar devono avere qualcosa che li contraddistingue, non si può colpire utilizzando i simboli e le finiture su cui scommettono tutti.

Qualche esempio?

Il lavoro per  The Pure, in collaborazione con Asterisco Creative Agency di Torino. Un salad-bar nel centro di Milano che, nell’idea della committenza, dovrebbe essere il primo di un franchising. Abbiamo pensato di prendere il simbolo del capoluogo lombardo – la Madonnina – trasformandola in un’icona contemporanea, ovvero una ragazza con aureola, tatuaggi e jeans strappati che campeggia su una delle pareti. In questo modo il locale è legato al contesto, e le future aperture potrebbero essere personalizzate con il re-boot delle icone di tutte le città. Penso a un marinaio o una sirena per Ibiza, una regina per Londra… Un altro progetto interessante è Bis Panzerotto, sempre a Milano, in zona Navigli. Qui abbiamo reinterpretato con leggerezza lo stile delle masserie pugliesi, con blocchi di pietra a pavimento, pareti in calce e lanterne in metallo. Siamo riuscite a creare un luogo dal forte carattere, unico nel contesto, pur rispettando un budget abbastanza ridotto.

Uffici: tema caldo in questo periodo, tra smart working e voglia di lavorare in maniera fluida in spazi sempre più accoglienti. Qual è la risposta di Nomade?

Al nostro team manca molto il rapporto umano, il confronto diretto, fondamentale quando si opera in ambito creativo. Immagino che, passata l’emergenza, ci sarà un nuovo modo di vivere le sedi, più libero da orari e costrizioni. Si tenderà ad andare in ufficio quando serve, quando è necessario incontrare i colleghi, lavorando da remoto per il resto del tempo. Da noi funzionerà così. La sede di Nomade ci rappresenta, per me è bellissima: è verde, e ha una carta da parati con delle trapeziste a cui assomigliamo. Vorrei anche accennare alla sede milanese di Libera Brand Building, in un ex edificio industriale vicino alla Fondazione Prada. Un progetto dove abbiamo cercato di esaltare i caratteri legati al passato produttivo e dove il nostro intervento si nota per contrasto.

Che cosa sogni per il futuro?

Nel 2021 ho compiuto 40 anni. Ho fondato Nomade quando ne avevo 29. Mi sento arrivata a un punto di svolta, quest’anno per me rappresenta una pietra miliare. È un momento di bilanci e io sono soddisfatta perché sono arrivata ben oltre ciò che avrei sperato. Mi piacerebbe aprire sedi di Nomade in altre parti del mondo, magari a Londra e Parigi. Lato progettuale, mi piacerebbe progettare un boutique hotel.