Studio Baolab

Secondo Studio Baolab i trend nascono da mode e comportamenti già in essere, da leggere e interpretare

di Claudio Moltani

I trend nascono da un substrato di avvenimenti, mode e comportamenti già in essere, da leggere e interpretare. Così spiega Baolab, laboratorio milanese  che studia colori, materiali e macro scenari futuri traducendoli in proposte concrete per le aziende. Così come avviene in natura dove tutto si trasforma ed evolve senza scossoni, anche una tendenza nasce da un substrato di avvenimenti, mode e comportamenti già in essere. Un continuum di macro scenari determinati da precise leggi economiche, sociali e geografiche. E con una cadenza temporale a lungo respiro dove i confini fra mood e colori sono fluidi e permeabili. È questo il campo d’azione di Baolab, laboratorio milanese che analizza colori, materiali, texture, trend e macro scenari futuri traducendoli in moodboard, abachi materiali e palette per aziende di prestigio come Luxottica, Moleskine, Platek, Audi, Valentino, solo per citarne alcune. Al timone Emma Clerici e Manuela Bonaiti che, sorpresa, non sono affatto spaventate dal periodo, anzi, ne sottolineano le possibilità di cambiamento.

La tendenza è, come l’architettura, una questione di proporzioni e relazioni?

Emma Clerici Non è questione di un colore dell’anno come il classico esempio Pantone, conta la relazione di colori e superfici con spazio e materiali. Ogni cluster di utente ha poi esigenze diverse, un’azienda ti può chiedere di lavorare su un colore specifico, ma questo è un lavoro diverso. Mentre molte altre stanno già guardando al prossimo decennio, che è già un vicinissimo domani.

Manuela Bonaiti È più corretto parlare di macro filoni, dove entrano in gioco aspetti sociali, geografici, economici, grafici, climatici. Il covid è un formidabile acceleratore di istanze già presenti, e questo vale anche nell’abitare, dove ci sono e ci saranno implicazioni rilevanti di impatto estetico e funzionale. Stiamo vivendo un momento difficile e, insieme, foriero di grandi cambiamenti, di opportunità, di cambi di paradigma.

Dunque un orizzonte anche molto lontano?

EC Come Baolab ci riferiamo almeno al 2022 e anche oltre, l’oggi è incerto e fluido, un periodo di sospensione da monitorare attentamente, non è possibile affermare con cognizione di causa che questa o quella tendenza ci sarà, non esiste una sorta di forza posta sopra le altre che sta emergendo con chiarezza, non si può parlare di un prodotto, di una tendenza dominanti.

Diceva Coco Chanel che “una moda che non raggiunge le strade non è una moda”…

MB Esatto, perché la tendenza è data sia dalle tecnologie che dalle reazioni dell’utente, che oggi è fermo, così come le vendite, ovvero la certificazione del trend. Le aziende stanno lavorando, ma sono per così dire misteriose e lontane, è diventato complicato se non impossibile andare in un’azienda, a molte centinaia di chilometri di distanza, soprattutto all’estero, per verificare di persona prodotti o tecnologie e capirne le future implicazioni.

Parliamo allora di macro scenari? Cosa emerge?

EC Il primo macro scenario è la relazione con la natura. Qui ci sono segnali significativi di cambiamento, qualcosa che nel 2020 si è già mosso. Come il maggior bisogno di sensorialità, che ci è limitata e che dunque necessita. Un’assenza-desiderio che sicuramente muoverà qualcosa. Si sta scoprendo la fisicità di questo bisogno, non più solo etico e valoriale. Un esempio interessante è il boom di acquisti di verde, di piante, di outdoor, la nascita di nuove attività sportive come correre sott’acqua con i pesi, nuotare controcorrente in una vasca, anche in casa. Si porta dentro casa l’outdoor, ma questo come si tradurrà in pratica? E poi la luce, il bisogno di trasparenza, di aria, di respiro. Si sceglieranno colori iconici o sintattici? Le ceramiche saranno mimetiche? Texturizzate? 3D?

MB Un altro macrotrend è la fusione tra mondo reale e digitale. Il digitale è in fortissima sovraesposizione, è potente, immersivo. I confini sfumano dinamicamente tra loro senza linee nette di demarcazione. A volte è l’estetica digitale a pervadere il mondo fisico dei prodotti: un esempio è l’Hortensia chair di Andrés Reisinger, nata nel mondo della renderizzazione 3D e postata su Instagram è diventata famosa a tal punto che il designer ha deciso di produrla fisicamente. In oggetti di questo tipo, i morphing objects, forme e colori nascono da tecniche digitali e prendono spunto da quelli utilizzati nel web, che non affaticano la vista, tenui, con effetti tridimensionali che creano sfumature sature o ombreggiature.  Quando invece il mondo fisico entra nel digitale lo plasma con i suoi linguaggi più materici: compaiono colori pastello, chiari e luminosi ma allo stesso tempo densi, si perdono logiche segnaletiche o eye-catching per avvicinarsi alle palette vintage degli anni Sessanta. E poi il gaming che per sua natura è uno spostamento di paradigma: lo sport si siede in poltrona, e la sua estetica parla di performance e competizione con grafiche semplici, colori calmi e desaturati. Due mondi che convergono, confondono i confini e fanno nascere un nuovo linguaggio.

Due forze come due zolle tettoniche che si scontreranno fino a produrre un terremoto?

EC No, le due forze interagiscono senza scossoni, soprattutto se pensiamo alla Generazione Z che non ha mai conosciuto un mondo senza internet. L’integrazione del digitale in oggetti o materiali fisici (IOT) è già presente da tempo ma ora si nota un’accelerazione. Facciamo degli esempi. Le funzioni smart del cellulare verranno integrate in altri oggetti come orologio, occhiali, vestiti o poco a poco si smaterializzeranno? E pensiamo alla moda. Dress-X è il primo negozio multimarca internazionale di collezioni di moda digitale. Offre un servizio di foto manipolazione che consente agli utenti di avere una foto con indosso un capo di design per circa 20 dollari. E senza produrre fisicamente nulla. In apparente contrasto, la necessità di ricercare nel mondo fisico luoghi capaci di fornire esperienze coinvolgenti da condividere online. Come i pop up store, negozi ibridi progettati e realizzati come eventi più che come store.

Tutto avverrà dunque davanti a uno schermo?

MB No, la mobilità sarà un importante driver di cambiamento. E il kilometro zero, che dal cibo arriva agli oggetti. Ci sono designer e riviste che propongono set fotografici con arredi e materiali trovati in prossimità, imprese che lavorano in territori con risorse molto specifiche come fibre tessili di origine animale o erbe spontanee autoctone che utilizzano per farne piccole produzioni in serie, necessariamente limitate. Quando il territorio ha finito il ciclo produttivo non viene forzato a produrre altro e ci si sposta altrove. Qui i driver saranno le produzioni piccole, non massificate.

EC Altri aspetti riguarderanno il rapporto fra pulizia e sanificazione e le superfici, che non saranno più narrative solo dal punto di vista estetico, ma che proporranno contenuti. Pensiamo a capi di abbigliamento o facciate di palazzi che da bianche acquisiscono una grafica a contrasto grigia o nera se l’aria supera un certo valore di inquinamento. In qualche modo le superfici materiche comunicano attraverso la loro pelle.  E poi il corpo. La mascherina come nuova abitudine sanitaria? E il concetto di pudore? Produrrà nuovi parametri estetici? Sono alcune delle domande che ci stiamo ponendo.

Le aziende sono pronte?

MB Sicuramente le aziende in particolare quelle più attente, che fanno ricerca, stanno lavorando, sottotraccia e non percepite dal consumatore finale, investendo in ricerca e innovazione. Anche quelle piccole. Come stanno cercando di fare i piccoli negozi, di quartiere o di prossimità. Collezioni industriali, grandi numeri ma anche capacità di proporre piccole linee.